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obiettivo wellness

Obiettivo “wellness”

Alcune persone (e sono tante) immaginano il Personale Trainer come un professionista delle attività motorie, una persona tutto bicipiti e forza quasi fosse una body guard, una guardia del corpo.

Nulla di più superficiale e di più errato. È però vero che il Personal Trainer nasce come istruttore di palestra ma la sua figura (oggi si direbbe la sua icona) si è evoluta fino al limite del wellness che vuol dire benessere generale. In buona sostanza oltre al corpo il Trainer deve curare anche lo spirito, l’anima di chi si affida a lui.

Ma per il raggiungere il wellness bisogna innanzitutto imparare ad ascoltarsi dentro, imparare ad ascoltare il proprio corpo e a riconoscere certi segnali che indicano positività oppure disagio. Solo quando ci saremo ascoltati dentro potremo con consapevolezza cominciare a reagire per intraprendere un miglior stile di vita.

Come si fa ad ascoltarsi dentro?
Beh, diciamola tutta, non è facile. Bisogna innanzitutto proteggersi dalle tante insidie esterne che condizionano la nostra vita e la nostra attività quotidiana. Badiamo all’alimentazione, poiché noi siamo quel che mangiamo, poi c’è lo stress, il lavoro e le ansie da lavoro, la solitudine, l’individualismo e non ultimo la vita sedentaria.
Dunque per raggiungere un buon equilibrio psicofisico è necessaria una grande forza di volontà e questa forza può darcela l’amico che c’è in ognuno di noi o l’Angelo Custode che ci sta accanto e che ci guida in questo percorso.

La vita non è facile per nessuno. Il percorso vitale di ciascuno di noi è pieno di insidie, trabocchetti e problemi che spesso rimangono irrisolti e spesso anche i nostri sogni, le nostre aspettative si trasformano in delusioni. La maggior parte delle persone arriva in età adulta senza sapere quello che vuole e senza sapere neppure quello che sta cercando.
Una volta, nelle vecchie società patriarcali i compiti di ciascuno erano meglio definiti. Per tradizione, accanto ai giovani c’erano i vecchi, depositari della saggezza, che intervenivano, consigliavano, guidavano le giovani generazioni. Né i giovani temevano di far riferimento agli anziani saggi e ricchi di esperienza.
Oggi le cose sono cambiate e i giovani in genere sono culturalmente più avanti, più preparati, più sapienti dei vecchi e questi giovani pensano di poter trascurare la cultura e l’esperienza degli anziani e di poter far tutto da soli senza essere debitori o tributari di nessuno.
Ogni giovane poi, ha fortemente sviluppato il senso dell’individualità (che spesso è solo egoismo) e pensa innanzitutto a risolvere i propri problemi personali senza dover rendere nulla a nessuno ma paghi di eventuali traguardi personali raggiunti.

Questa è la strada che porta alla solitudine. Gli altri esistono, stanno intorno a noi, formano la società in cui viviamo e di cui dobbiamo tener conto.
Invece noi badiamo alla bella automobile, alla casa confortevole, a vacanze da sogno, ad amici spensierati e a non avere fastidi col prossimo e questa è la strada che inevitabilmente ci conduce all’insicurezza, alla paura, alle turbe della solitudine. Perché l’amore, anche e forse soprattutto l’amore di cui oggi tanto si parla, è dono di sé ad un altro, è altruismo, sacrificio. L’amore non è quello delle riviste patinate dove tutto è liscio come la seta, ma spesso è la forza d’animo, spesso è rinuncia quando ci sono di mezzo i figli.
Forse è per questo, per paura dell’amore che quando incontriamo una persona che ci piace e che potrebbe accompagnarci nella vita, scappiamo.
Ecco il nostro egoismo, la nostra vigliaccheria. E allora proviamo ad aprire una prima porta dentro il nostro cuore, la porta dell’amore.
Poi si vedrà.

(articolo uscito sul quotidiano Avanti! il 4 agosto 2004)